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Valentina Garozzo

La vita a testa in giù, come l’Appeso e il pipistrello


Ogni giorno sulla mia pagina Instagram @thepumasgaze, condivido delle letture che possano essere utili come consiglio per la giornata e non posso fare a meno di notare quanto si ripetano i messaggi e quante volte escano le stesse precise carte, quelle che con più acume sono in grado di descrivere questo momento attuale a livello globale. A me, che lavoro con i tarocchi e con le carte sciamaniche in contemporanea, l’Arcano XII "l’Appeso" e la carta del pipistrello sono le carte che spesso e volentieri in questo frangente appaiono nelle stese.

Due figure a testa in giù. Due archetipi che possono rappresentare un momento di blocco e sacrificio, oppure l’opportunità più alta: quella di una rinascita.

Mi suona come molto curioso, tra l’altro, che si dica che questo virus, che in qualche modo ci ha messi tutti nel sacco prendendoci per le gambe e lasciandoci a testa in giù, sia arrivato sotto forma di zoonosi, originata da quello che si pensa un pipistrello. Niente è per caso, anche solo fosse una forma di narrazione per indorarci la pillola.

Il pipistrello nella tradizione sciamanica e nelle carte Medicina rappresenta appunto la morte sciamanica, ovvero la capacità di lasciare andare il vecchio per il nuovo, il far morire ciò che non serve più per permetterci di rinascere a nuova vita. Questa cosa mi fa ricordare un paio di episodi divertenti che sono accaduti proprio qualche mese prima che si scatenasse tutto questo.

Ero ad Auroville (India, Tamil Nadu) e partecipavo al progetto di MeDiClown Academy, quella sera era arrivata Poonam che doveva iniziare con noi un volontariato. Dato che stava calando il buio e la ragazza non era ancora munita di un mezzo per spostarsi, Fif, la fondatrice del progetto, mi chiese di accompagnare Poonam in motorino verso la sua Guesthouse.

Guidavo con la luce che ormai stava calando nel tratto sterrato di fronte al Matrimandir, per fortuna quindi stavo andando relativamente piano, quando improvvisamente mi sento colpire in piena faccia da qualcosa di, oserei dire, peluscioso. Il contatto è durato qualche secondo, l’impatto è stato poco più che uno schiaffetto, ma appunto, nello stordimento momentaneo per fortuna non ho perso il controllo del mezzo e ho continuato a guidare come se niente fosse, ma ridendo come una matta. Poonam mi domanda: “What was it? Was it a bat?” (Cos’era? Era un pipistrello?), rispondo di “Si” tra le risate, lei commenta dicendo: “Cool! You are a strong woman, you went straight like nothing happened” (Figo! Sei forte, sei andata dritta come niente fosse).

Se richiamo il pensiero, posso ancora sentire la sensazione della pelliccia dell’animaletto sulla mia faccia. Ricordo con precisione che ancora ridacchiando sono rientrata a casa pensando tra me e me: “La Rinascita mi ha colpito in piena faccia!”. Ero rimasta così stupita dall’accaduto, ritenendolo ad alto contenuto simbolico, che quella sera ne avevo anche postato un racconto su Facebook, accompagnato dalla fotografia di un pipistrello dal musetto furbo.

Un paio di mesi più tardi è accaduto un fatto ancora più strano. La mia cara amica Clara è venuta a trovarmi per passare un po’ di mesi in India, era ospite a casa mia. Un giorno sale su un motorino con una nuova amica dell’Assam e mentre si trovano sulla strada principale che porta verso Kuilapalayam, la ragazza alla guida fa un movimento improvviso con la testa, scansando qualcosa che invece arriva in piena faccia a Clara. Lei pensa: “Ma cos’era? Era una ciabatta??? Qualche indiano al bordo della strada ci deve aver tirato una ciabatta!”, ma l’amica alla guida le dice che era un pipistrello. Quando Clara è tornata a casa e mi ha raccontato l’accaduto, a parte ridere a crepapelle per la storia dell’indiano al limitare della strada che tirava le ciabatte a poveri sventurati, (nella mia testa l’ho immaginato un po’ come la vecchia che lancia i gatti nei Simpson), ho subito connesso l’episodio con la sventola che avevo preso lungo la strada del Matrimandir. Ho ringraziato che il mio pipistrello mi avesse dato solo uno schiaffetto in confronto, altrimenti forse non sarei riuscita a rimanere in piedi con il motorino.

Perché vi racconto tutto ciò, oltre a volervi far fare una risata, perché non posso fare a meno di fare 1 + 1 + 1... L’Universo spesso ha una maniera molto divertente di comunicare con noi. Ha un senso dell’umorismo che dal nostro punto di vista a volte non riteniamo così divertente. Ma in realtà lo è, eccome! Basta mettersi nella giusta prospettiva per guardare le cose. Il pipistrello dunque ci ha preso a schiaffoni, forse annunciando questa possibilità di rinascita che era ormai all’orizzonte. Tant’è vero che un paio di settimane dopo, uscite per una breve vacanza in Sri Lanka, siamo rimaste chiuse fuori dai confini indiani e impossibilitate a rientrare a casa. Credetemi, non posso fare a meno di contare questo fatto come il terzo schiaffone originato da un pipistrello ricevuto nel giro di pochi mesi!

Un altro segno inconfutabile di una possibilità di rinascita sventolataci in faccia lungo il percorso.

Della serie: “Vogliamo svegliarci, o no?”

La mia visione su questa pandemia, che approfondisco nel mio ultimo libro “Una nuova storia. La rivoluzione interiore necessaria”, e l’effetto che tutto ciò sta avendo sul genere umano, sta poi proprio funzionando alla perfezione come il significato simbolico delle carte dell’Appeso e del pipistrello. Negli ultimi mesi ho imparato molto bene a riconoscere l’effetto che fa trovarsi a testa in giù, trattenuti da qualcosa che in qualche modo non permette la piena libertà di movimento, con quella sensazione di malessere interiore, del sentirsi come vittime, sacrificati e costretti, eppure…

Eppure è proprio questa posizione così scomoda che in realtà ci sta indicando con insistenza che come prima non è più possibile continuare e che la Via, se vogliamo proseguirla, deve essere camminata in maniera differente.

Doveva pur arrivare uno scossone che ci ribaltasse a testa in giù per farcelo capire!

Come spiegavo appunto all’inizio dell’articolo, la carta dell’Appeso può rappresentare certamente un momento in cui ci si sente inabili di agire e bloccati come vittime sacrificali, ma può anche rappresentare, invece, una preziosissima occasione per ricostruirsi e rigenerarsi: come il bambino nell’utero materno che, al momento giusto, istintivamente si gira puntando verso il basso per agevolare il miracolo della nascita.

Voi direte, ma come trovare lo spazio per migliorare se fuori tutto è caos e confusione, se sentiamo così forte la pressione attorno?

Entrando in noi stessi, come suggeriscono appunto le carte dell’Appeso e del pipistrello.

Sarà proprio in questa connessione intima e silenziosa con noi stessi che troveremo finalmente lo spazio necessario per creare, seppur all’interno di un contenitore.

Più diventeremo capaci di tracciare nuovi percorsi tra queste sbarre che delimitano il confine, più l’orizzonte poi si aprirà davanti a noi per permetterci di cominciare a tracciare nuovi segni “fuori dai bordi”. Uso volutamente la parola “sbarre”, perché quando penso alla situazione in atto spesso penso a Sri Aurobindo, che ha raggiunto la sua Realizzazione proprio quando era stato messo in carcere e penso giustamente alla sua prima reazione che fu domandare: “Perché mi fai questo?”

(Cito qualche frase da un suo discorso, pubblicato poi nella rivista “Domani” dell’Ashram di Pondicherry: "Che cosa mi è successo? Credevo di avere una missione da compiere per il popolo del mio paese e che fino a quando quel lavoro non fosse finito, avrei avuto la Tua protezione. Perché allora sono qui e con una tale imputazione?").

Sri Aurobindo mi ricorda che nessuna “prigione” deve essere una scusa per arrendersi e non fare il Lavoro, quello vero, quello sul Sé. Perché il cambiamento di coscienza globale passa per forza dalla nostra capacità di cambiare noi stessi.

Quando insisto su questa cosa è perché sono in Cammino e vedo come il lavoro su me stessa abbia cambiato la mia vita. Certo non è tutto rose e fiori, non è tutto peace and love! So perfettamente quanto è difficile talvolta, quanto le resistenze remino contro, ma ne conosco anche le piccole-grandi gioie e conosco l’Aiuto, lo vedo nelle piccole cose quotidiane. Per questo, per quanto mi riguarda, il momento attuale non è da prendere sottogamba. È un’altalena, un su e giù di montagne russe. Io, nonostante pregando mi rivolga ogni giorno all’Universo dicendo: “Mi affido, mi fido di te!”, a volte scalcio come un mulo infastidito e mi arrabbio dicendo: “Perché sono costretta a stare qui? Perché non posso stare dove mi sento a casa? Perché devo stare lontano dalla persona che amo?”

Ma dall’altra parte vedo bene le opportunità che mi sono state offerte da sei mesi a questa parte, vedo il progresso che millimetro dopo millimetro sto conquistando e mi sta aprendo la nuova strada, vedo la forza di volontà che sto impiegando per spingermi con tenacia verso la costruzione di una “nuova” me, più autentica e fedele a me stessa.

Tutto ciò assomiglia molto alla lotta che si innesca tra le cellule del bruco mentre si trasforma in farfalla, protetto dal mistero della sua crisalide.

Quando ci troviamo nella fase dell’Appeso o del pipistrello siamo nel pieno di questo processo di trasformazione: il vecchio si batte sempre per mantenere il suo status, ma è solo questione di tempo e volontà, perché il futuro chiama. E alla fine questa, a ben guardarla, non è una lotta, è solo la ferrea volontà di AMARSI SUL SERIO.

Chi la dura la vince e, come ben sappiamo, ogni gestazione richiede il suo giusto tempo.


“E quindi uscimmo a riveder le stelle”

Dante, Inferno XXXIV, 139

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